Il momento in cui Francesca Mondanaro, soprano e insegnante di canto di base a New York, si è resa conto che l'epidemia di coronavirus avrebbe cambiato il suo futuro è stato quando le hanno rinviato le date delle sue esibizioni per tutto il 2020. «I primi appuntamenti su cui sento di poter contare non sono prima della fine di maggio 2021, un anno intero da oggi», dice Mondanaro, che canta per la Deutsche Oper di Berlino ed è Guest Teacher per l'Opera di Vancouver.
Come lei, molti altri cantanti dell’opera sono bloccati a casa e seguono con crescente preoccupazione l’evolversi dela situazione dopo che la pandemia ha cambiato le sorti del mondo, costringendo anche New York, la città che non dorme mai, a mettersi in pausa. «Seguiamo oggi giorno gli aggiornamenti dal Centers for Disease Controls e dal Governatore Andrew Cuomo, per capire quali settori economici saranno autorizzati a ripartire», dice Mondanaro. Ma, aggiunge, «siamo consapevoli del fatto che i teatri sono stati i primi a chiudere e molto probabilmente saranno gli ultimi ad aprire».
Teatri e cantanti d'opera sono quelli che hanno sofferto di più le conseguenze della pandemia. Proprio a New York, il Metropolitan Opera, la più grande organizzazione del Paese, ha annunciato a marzo che avrebbe annullato il resto della sua stagione a causa dell'epidemia coronavirus. Per questo, ha iniziato una raccolta fondi di emergenza volta a coprire le perdite economiche legate allo stop forzato degli spettacoli, pari a circa 60 milioni di dollari.
A Los Angeles, invece, la Los Angeles Opera ha annunciato alla fine di aprile che annullerà il resto della sua stagione 2019-2020. Ma, nel suo annuncio, la compagnia ha precisato che al momento sta riuscendo a evitare licenziamenti e congelamenti di occupazione. Non tutti sono riusciti a farlo, negli Stati Uniti.
«Il problema principale per i cantanti nei teatri non legati ai fondi federali degli Stati Uniti è che sono vittime dell’annullamento di contratti per i quali non hanno diritto a nessun genere di ricorso: in questo modo perdono le loro entrate», spiega Sandra Hormozi, un'agente dei cantanti dell’Opera, di base a New York. Ma anche i teatri finanziati dal governo stanno lottando.
Secondo Hormozi, saranno queste organizzazioni a sopravvivere più facilmente, anche se alla base del loro budget c’è sempre il fattore determinante del numero di spettacoli, che ora sono sospesi per tutti. «Cosa succederà se si perde metà o un'intera stagione?» La pandemia coronavirus ha cambiato anche il suo, di lavoro. Invece di condividere con i suoi artisti nuove offerte, dice Hormozi, «ora posso solo inviare loro notifiche di annullamento o di rinvio delle esibizioni».
E i cantanti dell’Opera impegnati a stare a casa, per appiattire la curva del contagio hanno dovuto abbassare le loro voci. «Com’è noto, la professione del cantante dell’Opera è una professione da solista: a parte rari casi, viene retribuita a prestazione. Per cui, quando si perde un contratto, si perde il compenso», dice Filippo Ciabatti, direttore musicale della Dartmouth Symphony Orchestra. «È importante che i teatri e le istituzioni e le organizzazioni musicali trovino un modo per sostenere finanziariamente i cantanti».
Anche la sua quotidianità è stata bruscamente stravolta. La vita di un direttore d'orchestra tra Italia e Stati Uniti è di solito fatta di viaggi, concerti e prove. «La pandemia ci ha privato di tutto questo», dice. Ma la fase di preparazione e di studio non è mai cambiata e la pausa del coronavirus si è rivelata, per lui, un'opportunità per approfondire. «Nonostante non possa dire che sia un momento sereno, sto cercando di riscoprire molti grandi classici dell'opera», afferma Ciabatti. Quando riapriranno i teatri, spera, «avrò la possibilità di proporre questi repertori alternativi.»
Se vivere il presente significa faticare, il domani rappresenta una serie di opportunità. E gli strumenti digitali e lo streaming online sono valide alternative su cui poter contare. Il Metropolitan Opera, ad esempio, ha annunciato un concerto "a casa", il mese scorso, una volta in assoluto, probabilmente il primo di una lunga serie. Mentre le star del Belcanto, in tutto il mondo, hanno utilizzato i loro social media per esibirsi personalmente. È difficile credere, tuttavia, che i concerti in digitale possano sostituire a pieno i teatri fisici, quando la pandemia sarà finita.
«Spero che i due elementi, la performance digitale e quella dal vivo possano coesistere felicemente insieme», spiega Stefanos Koroneos, direttore artistico della Camerata Bardi Vocal Academy. Camerata Bardi, insieme al Teatro Grattacielo, sta crescendo nonostante la pandemia e l'accademia non ha cancellato le masterclass in programma ad aprile, mentre continua a lavorare all'organizzazione di un concerto ad ottobre.
«L'opera è un'esperienza migliore da assaporare nelle esibizioni dal vivo», ammette Stefanos Koroneos. Ma le compagnie teatrali hanno capito che ci vorrà molto tempo prima di poter tornare a ciò che consideriamo normale. «Stiamo imparando che ci sono altri modi per mantenere viva questa bellissima forma d'arte».
Anche se per soprano come Francesca Mondanaro, cantare per una persona seduta su un divano in streaming non è come cantare per qualcuno di fronte a lei. «Nulla può sostituire la magia del teatro, dove l'energia delle persone sul palco si lega a quella di chi è seduto nel pubblico», dice Mondanaro, che in questo periodo sta insegnando online. «Durante un’esibizione dal vivo, tutti vengono trasportati per alcune ore in un mondo che non può essere replicato, perché esiste soltanto in quel momento».
Secondo America for the Arts, organizzazione che sta calcolando le conseguenze finanziarie del coronavirus sul settore artistico e culturale, l’impatto economico complessivo è di circa 5,5 miliardi di dollari. In media, l'impatto stimato per ogni organizzazione è di 38mila dollari. Mentre lo stato più danneggiato negli USA è ancora New York, con un impatto finanziario per organizzazione, in media, di 50mila dollari.
Ma il coronavirus ha colpito duramente l'Opera ovunque, non solo negli Stati Uniti. Anche in Italia, dove è stata concepita e dove tutti i teatri sono stati chiusi durante la pandemia. C’è, però, una buona notizia. Mentre l’Italia sta iniziando ad allentare le restrizioni COVID, il Teatro alla Scala ha annunciato giovedì scorso che è pronto per riaprire a settembre.
Il teatro più famoso di Milano riaprì dopo la seconda guerra mondiale con un concerto diretto da Arturo Toscanini. Fu un momento simbolico estremamente profondo, nella storia della città. Ora, sotto la pandemia di coronavirus, «La Scala vuole essere di nuovo un simbolo di rinascita», Dominique Meyer, sovrintendente del Teatro alla Scala, ha detto ad Ansa giovedì.
La Scala di Milano riaprirà con due spettacoli. Uno all'aperto, un Requiem di Verdi diretto da Riccardo Chailly in Piazza Duomo. Uno al coperto all’interno del teatro, La Nona di Beethoven. Non è chiaro, invece, quando e come New York potrà di nuovo tornare a godere dei suoi teatri e dell’Opera. «Ma sono certa che, dopo la pandemia, sarà vibrante come prima», dice Francesca Montanaro.
Nella storia, l’Opera è sopravvissuta a guerre mondiali, carestie, pandemie come l’influenza spagnola e crolli di Wall Street. «E siamo sempre tornati a goderci la cultura e le esibizioni dal vivo», sottolinea il direttore Filippo Ciabatti. Che si dice certo: «Anche questa volta, l'Opera tornerà. Come esseri umani ne abbiamo bisogno».
Davide Mamone
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